martedì 4 maggio 2010

La subcultura siciliana

Piero Di Giorgi

I Siciliani che, come me, per ragioni anagrafiche, hanno la possibilità di viaggiare con la memoria in un arco di tempo di diversi decenni, vivono il conflitto tra la sensazione d’immobilismo e di stagnazione cui si assiste in Sicilia e la velocizzazione del tempo e dei cambiamenti che caratterizzano la società contemporanea. Mi ricordo che, 50 anni fa, sentivo dire a mio padre che si vociferava della realizzazione di una serie di infrastrutture come il raddoppio e l’elettrificazione della linea ferroviaria Trapani-Palermo e Palermo-Messina, o di grandi vie di comunicazione stradale come la Mazara-Gela-Siracusa o la Mazara-Marsala-Trapani, o la soluzione del problema dell’acqua, che, in una regione come la nostra, dovrebbe abbondare. A distanza di decenni ci troviamo di fronte sempre gli stessi problemi e le noiose discussioni sulle priorità tra il ponte o le ferrovie e le strade. Ed allora non posso non pensare alla mala sorte di questa terra che ha avuto la triste ventura di avere, almeno dall’unità d’Italia ad oggi, queste classi dirigenti così miserabili, da pensare soltanto ai propri privilegi e che non hanno avuto e non hanno neppure l’orgoglio di lasciare un segno di qualche realizzazione nella loro città o nella loro regione, che giungono perfino a perdere, a livello locale e regionale, miliardi di Euro già stanziati, senza realizzare le relative opere.
Quel che più mi stupisce è come tutto questo non si traduca in rabbia da parte dei cittadini o come non vi siano né movimenti spontanei né opposizione politica ad uno stato di cose così intollerabile.
Ed allora provo a fare una qualche riflessione e a trovare una qualche motivazione a tutto ciò. Se si guarda alle società tradizionali ci si rende conto che esiste un nesso stretto tra variabili economiche e culturali nel determinare lo sviluppo, nel senso che le rappresentazioni collettive, trasmesse di generazione in generazione sotto forma di codici linguistici, morali o religiosi, esercitano un influsso sui cambiamenti socio-economici. Io credo, infatti, che le radici del sottosviluppo si annidino nelle strutture mentali delle persone e dei gruppi sociali e che la cultura siciliana abbia un background, in cui si possono includere forme di familismo o un sistema di strutture di parentele, di clan, di fazioni, unitamente a tradizioni di rassegnazione e di emotività, che sono più radicate nelle classi popolari. Radicata nell’inconscio collettivo c’è anche l’idea dello Stato come nemico, come qualcuno da fregare perché ci ha sempre fregato. Da qui l’ambivalenza della mentalità siciliana, tra espressioni anarcoidi e libertarie da una parte, e tendenza alla rassegnazione, al disinteresse ed anche a adattarsi ad una struttura autoritaria dall’altra.
Anche per quanto riguarda la concezione della famiglia, a parte le trasformazioni in senso democratico nelle nuove generazioni, domina, in generale, ancora il modello parsonsiano, basato su ruoli complementari: la madre, regina della casa, addetta al ruolo espressivo-emotivo; il padre, produttore del reddito, addetto alle relazioni esterne. Quando si parla del ruolo della donna in Sicilia, bisogna distinguere tra la donna come persona, che ha uno scarso potere, una condizione di marginalità sociale e discriminata nel lavoro e tra la donna in quanto madre e cioè come figura centrale dei processi di socializzazione che avvengono nella famiglia e che presiedono allo sviluppo affettivo-emotivo e sociale dell’infanzia e dell’adolescenza.
La famiglia rappresenta un’unità simbolica ed economica, che è centrale nel sistema sociale siciliano. Essa, non solo funge da agente psichico della società, trasmettendo valori e tradizioni dominanti nella società, una sorta di carattere sociale, ma assolve il ruolo di cassa integrazione e di ammortamento delle tante contraddizioni del sistema socio-economico siciliano. Essa è, inoltre, inserita nel network di relazioni sociali, di scambi, di favori, basati sulla conoscenza degli amici degli amici, sul “comparato” molto diffuso, ricorrendo all’assistenzialismo, al sistema diffuso delle raccomandazioni, al prezzo del clientelismo, servilismo verso il potente di turno. Tutto ciò crea un sistema d’interdipendenza tra postulanti e politici così diffuso, che anche coloro che lottano per cambiare la società sono costretti a adeguarsi al sistema se vogliono che il proprio figlio non sia escluso da ogni possibilità di lavoro e di vita.
Anche la religiosità, in Sicilia, è per lo più di tipo prerazionale, antropomorfica, mitologica e ritualistica, basata più sull’esteriorità che sull’adesione interiore e consapevole ad una scelta di vita e proprio per questo non può diventare un fattore di cambiamento sociale. In sostanza l’ateismo pratico feriale si accompagna con il rituale della messa festiva.
Il senso di morte che permea la vita sociale, il senso di rassegnazione, la pratica clientelare diffusa, sono tutti fattori frenanti il cambiamento, che bloccano le energie più creative, generano fatalismo e creano il senso di una realtà immodificabile.
Come fare per trasformare questo circuito vizioso in un circuito virtuoso? Si tratta ovviamente di un processo complesso, sul quale mi sforzerò di essere propositivo in altra occasione. Oggi posso avere lo spazio soltanto per dire che bisogna, a mio parere, fare di necessità virtù e partire da quello spazio di solidarietà familiare come nucleo iniziale per puntare su forme di aggregazione e di organizzazione sociale più elaborate su larga scala e avviare un lavoro per un processo di coscientizzazione, teso a mutare le strutture mentali ed emotive. Nessun mutamento può avvenire se non è simultaneo nel settore economico, politico e culturale. Nessun uomo può diventare un cittadino libero se non è libero nel pensiero, emotivamente e nelle sue relazioni economico-sociali; e se non diventa un partecipante attivo e responsabile alle decisioni che riguardano la propria vita individuale e sociale.

1 commento:

David Castelli ha detto...

Seguire il "gregge", a mio parere è una carTteristica peculiare della mentalitá siciliana e meridionale. Se tutti pensano ed agiscono in un determinato modo, allora è giusto così ed il diverso viene criminalizzato. Personalmente, ho dovuto abbandonare Facebook per avere esplicitato idee discordanti nei confronti di professionisti che si autoconsuderano i depisitari della veritá. Ciò può accadere a Mazara come a Ferrara, intendiamoci....... Ma nelle lande sicule è la norma mentre nella mittel Europa può essere l'eccezione.