martedì 16 ottobre 2012

curiosità elettorale

La campagna elettorale per il rinnovo del parlamento regionale è in pieno svolgimento. C'è la solita calata dei leaders nazionali e c'è anche la famigerata gara a colpi di gigantografie , di affissioni di manifesti, di riempimento delle buche dei cittadini di lettere dei candidati con le loro note biografiche.
Diamo conto di una sintesi di una di queste lettere, il cui autore è il dott. Gianni Pompeo, ex sindaco di Castelvetrano, non solo per certi contenuti biografici , che possono suscitare ilarità, ma anche perché ci è pervenuta una risposta di un noto cittadino di Castelvetrano, che abbiamo ritenuto di pubblicare.
Pompeo, annunciando la sua candidatura, esordisce col dire che non promette nulla né offre nulla in cambio del voto. Poi elenca i suoi meriti, tra i quali cita la sua completa onestà nella sua professione di medico, di marito, di padre, che ha accompagnato la figlia all'altare con emozione, nella sua esperienza politica. Pompeo elenca poi le cose che ha fatto in 10 anni di sindacatura, in verità niente di eccezionale ma ordinaria amministrazione e anche con diverse critiche. Conclude la sua lettera pregando i cittadini di valutare il suo operato dalle cose fatte e chiedendo loro di stringersi intorno a lui per farlo diventare deputato.


LETTERA APERTA DI GIANFRANCO BECCHINA AL CANDIDATO UDC
GIANNI POMPEO
Egregio candidato Gianni Pompeo,
nella mia cassetta postale ho trovato una lettera con la quale Lei informa “amici” (?) e concittadini del Suo tentativo di persistenza nel cimento politico ( Atto, invero, alquanto immotivato), ragione per la quale Ella invita gli uni (?) e gli altri, a soccorrerla in occasione della prossima consultazione elettorale del 28 ottobre.
Personalmente, e nella sola veste di concittadino, non mi lascio certo sfuggire l’insperata e forse irripetibile opportunità che mi offre la Sua missiva, per scrivere, finalmente, ciò che penso. E La ringrazio, perché mi consente di assolvere, in tempo, a un mio imprescindibile dovere morale: darle il Suo!
Intanto, memore del corposo “Libro Bianco” con il quale, più baldanzoso di Mosè redente dal monte Sinai con le tavole ancora fumanti dei Dieci Comandamenti, Ella si propose per la “seconda” sindacatura (le sciagure, di solito, non si presentano mai sole) una volta bruciati i primi cinque anni, rimango sgomento di fronte al fatto che Ella si sia risolto a tradurlo nella stringata stitichezza di un mezzo foglio ciclostilato.
Da apprezzare, comunque, l’onesta coerenza tra la miserabilità del foglio e la quantità e qualità delle opere realizzate nei dieci anni che l’hanno vista sul trono della nostra sciagurata città! Un foglio il Suo, piagnucoloso quanto irritante come può esserlo un miliardario riconosciuto travestito da mendicante. Il De Amicis commuoveva col suo autentico sentimento fanciullesco e anche ingenuo; nulla di tutto ciò ritrovo nel Suo maldestro tentativo di emulare il buon Edmondo. Neanche Fogazzaro riesce Ella a richiamare alla memoria sfoggiando lusinghe alla famiglia: moglie, figlia condotta all’altare e focolari domestici pascoliani. Per non dire delle sbandierate quanto puntualmente tradite buone azioni, di cui sono lastricate le strade dell’impero di Satana.
Siamo ormai stufi, signor Pompeo, di certi politicumanti (mi consenta lo svarione)! Lo sterco del Demonio ha reso l’aria irrespirabile e, com’era inevitabile, siete riusciti ad affamare i poveri e a fare scempio di tutto lo scempibile (chiedo ancora venia)! Complimenti per il “sistema delle piazze”! Le avete proprio “sistemate” a dovere!
I Suoi dieci anni di indefessa (stando alle Sue affermazioni) attività amministrativa hanno davvero partorito ben misere realtà, alcune zoppe per giunta. Veramente troppo poco per vantare titoli di merito.
In un contesto storico in cui i popoli progrediscono a velocità supersonica, Lei non può, e non lo può davvero, dichiararsi fiero delle Sue insignificanti realizzazioni. A meno che non ritenga che i Suoi concittadini non abbiano titolo per aspirare a nient’altro che non siano le solite minuzie. E sol perché lo abbia deciso Lei, in ristretta compagnia.
Nessun accenno alla benché minima opera di promozione del territorio con finalità turistiche, fuor di dubbio l’unica vera risorsa alla quale aggrapparsi. E ancora, Lei sollecita i destinatari del Suo appello a stringersi “intorno” alla Sua persona per “insieme” conseguire lo scopo della Sua assunzione al Parlamento siciliano.
Tutto il contrario, questa volta, della Sua inveterata abitudine di infischiarsi dell’opinione dei cittadini: come quando si è guardato bene dall’ interpellarli per certi Suoi atti d’imperio relativi a decisioni che hanno comportato alcuni stravolgimenti del patrimonio della città, rappresentato dalle sempre più maltrattate vestigia storiche.
Per non dire delle conseguenze che, da queste impennate d’ingegno, sono derivate alla quotidianità della vita di tutta la collettività, con il becero piano del traffico stradale cittadino. Realtà, questa, alla quale Lei si guarda bene dal fare cenno. Lei, in verità, dice una grossolana menzogna, quando fa intendere che predilige operare in sintonia con il popolo.
Non senza un ultimo accenno al Suo autoincensamento in termini di onestà che, quando non abbinata alla capacità di operare, si può tranquillamente considerare perfettamente inutile - forse nemmeno buona a guadagnarsi il paradiso - tralasciamo le mille altre quisquilie, e disservizi, che tutti possono vedere con i propri occhi. Beati i ciechi!
Passiamo, quindi, alle cose spinose, che non vanno proprio nella direzione dei peculiari meriti che si auto attribuisce, e delle quali si guarda bene dal fare il benché minimo accenno nel Suo sollecito epistolare.
Si da il caso che abbiamo appreso recentemente della solenne batosta incassata dalle finanze del nostro Comune. Mi riferisco alla sentenza della Suprema Corte che condanna l’amministrazione, da Lei presieduta negli ultimi dieci anni, a pagare ad una società privata (Saiseb) l’astronomica somma di 3, 6 milioni di euro (oltre 7 miliardi delle rimpiante vecchie lire), per un credito dalla stessa vantato in virtù di lavori eseguiti per conto della nostra municipalità.
È vero che la faccenda riguarda lavori appaltati negli anni ottanta, eseguiti chissà quando, probabilmente in tempi in cui Lei era ancora un semplice consigliere. Ma è altrettanto vero che la controversia scaturita appariva sicuramente perdente per il Comune, già all’epoca in cui un arbitrato, in corretta forma, stabilì che la società creditrice aveva pieno diritto alla somma di ulteriori tre miliardi e mezzo di lire.
Presente o non presente, responsabile o meno che Lei fosse stato, per questo pastrocchio disastroso per la città tutta, che cosa ha fatto per limitare il danno, nel corso degli ultimi dieci anni, ricadenti, in toto, nel periodo della Sua amministrazione? La materia del contendere era ancora di 3, 5 miliardi delle vecchie lire, giusto la metà di quanto noi cittadini saremo oggi costretti a pagare.
Come mai, i super burocrati dell’Ufficio Tecnico Comunale, i soli in grado di valutare torti e ragioni delle parti, alla luce delle norme sui lavori pubblici, non hanno attirato la Sua attenzione sul pericolo incombente, per limitare il danno, anche in modo considerevole, se gestito in modo transattivo? Siamo proprio curiosi di leggere le motivazioni della pesante sentenza, per capire quanta incompetenza, tecnica e giuridica, possa aver esizialmente giocato in tutta la vicenda. Certo che, detto fra noi, egregio candidato Pompeo, Lei ha obbiettivamente servito una grossa patata bollente al Suo successore. Ovviamente, con l’onestà che la contraddistingue. E su questo non ci sono dubbi.
Vedrà che, come spesso accade, i cittadini, poco e male informati, non mancheranno di dare la colpa del Suo gravissimo scivolone e dei futuri disservizi, inevitabilmente causati dalla mancanza di quei fondi così scientemente sperperati, al loro incolpevole nuovo sindaco. E, magari, ignari della verità che Lei, onestamente si guarda bene dal raccontare, rimpiangeranno l’illuminata, onestissima precedente gestione.
E, intanto, Lei avrà preso il volo verso altri lidi, caparbiamente affezionato al campione di trasformismo qual è Ferdinando Casini, indiscusso capo di quell’ UDC affannata ad esserci comunque; personaggio ondivago come più non si potrebbe, con il supplemento della sindrome ciarlatanesca. Pontificante su tutto e tutti, nella classica posizione del bue che dice cornuto all’asino. Instancabile nomade nel panorama politico: dalla DC di Forlani alla Sicilia di Cuffaro, passando per l’uomo di Arcore e le esplorazioni a largo raggio. Per sua fortuna, vasto è l’universo e idoneo al suo vagabondaggio.
Questo è, dunque, il suo nume tutelare, attivo e ben presente in Parlamento, quando sono state e vengono ancora scritte pagine ingloriose della storia d’Italia. Imperterrito nell’impasticciarsi col primo che capita, rigorosamente escluse le alleanze minimamente decenti, pur di partecipare al banchetto del potere. E, va da sé, prescindendo, e oltre ogni limite, dai requisiti civili e morali di certi personaggi: Cuffaro et similia docent. Quello stesso dottor Cuffaro, dottor Pompeo, che, nello stesso momento in cui dilapidava le risorse della Sicilia, dal palco di piazza Garibaldi, e in Sua compagnia, mano nella mano, su e giù per il corso di Castelvetrano, perorava la Sua rielezione a sindaco.
Ma veramente dobbiamo continuare a meritarci, come Lei onestamente suggerisce, questa genìa di personaggi della quale Lei onestamente fa parte? È scritto nel cielo che dobbiamo sempre cascarci?
Concludo nel sostenere che la nostra città, per quel che ancora rimane dopo il suo disastroso impegno, “merita” ben altro delle vaghezze, anzi del nulla rivestito di niente, che Lei onestamente propone, e che, nell’attesa di un valido rappresentante, capace di affrontare i gravi problemi della nostra gente, può continuare a sopravvivere come ha fatto finora. Orfana della Sua persona, sempre che non si risolva a ritornare ad esercitare la professione medica nella nostra città. La politica “dovrebbe” essere una cosa seria. E una persona, onesta come Lei, non può prestarsi a un “condizionale”! Aspetti un “presente”, se mai ci sarà.
Non mi resta che declinare il Suo accorato invito a votarla, non fosse che per la palese sua onesta inidoneità a rivestire cariche pubbliche.
Dulcis in fundo, non posso non congratularmi per la Sua brillante, onesta, promessa di non promettere; che non è un gioco di parole, ma una onesta e prudente messa di mani avanti, destinata ai futuri “petulanti”.
Stando così le cose, prenda il Suo “libro bianco” e lo scaraventi contro un Suo manifesto elettorale, similmente a quel che fece Mosè, contro il vitello d’oro, con le tavole della legge.