sabato 19 marzo 2011

lettera a Bersani

Gentili on.le segretario Bersani, on.le Rosy Bindi,
non so se rivolgermi a voi dandovi del Lei o del tu come usava una volta, quando ci si chiamava compagni. Eppure quella parola, caduta in disuso, era così ricca di simboli e cioè di significati profondi (coloro che hanno in comune il pane, che condividono valori e aspirazioni comuni).
Innanzi tutto, mi presento. Sono un ex docente universitario in pensione, che, oggi, privato da ogni esercizio della cittadinanza attiva, perfino della possibilità di votare, cerco di esprimere le mie idee all’interno del movimento “Un’altra storia” di Rita Borsellino, ma soprattutto scrivendo. Alla politica e alla democrazia, in particolare, ho dedicato, negli ultimi anni, tre libri, uno per i tipi della Franco Angeli, uno con la Sellerio e uno con la Luiss university. Ho vissuto tra Roma e Mazara del vallo e sono stato anche candidato nel lontano 1972, come indipendente nel PCI nella circoscrizione della Sicilia occidentale, perché invitato da Lucio Lombardo-Radice e da Enrico Berlinguer, come facente parte allora del gruppo dialogo cristiani-marxisti e della rivista “Religioni Oggi-Quale società”, diretta da Alceste Santini. Più recentemente sono stato candidato a sindaco della mia città. Queste brevi notazioni personali, non già per parlare della mia lunga vicenda politica, di uomo che ha sempre cercato di agire con coerenza e spirito libero, che ha sempre cercato di testimoniare gli ideali di giustizia, uguaglianza, libertà, rispetto della dignità della persona, ma per sottolineare il senso d’impotenza e di frustrazione che tanti, come me, avvertono di fronte alla gravità dei problemi del Paese e alla loro permanente non-soluzione, mentre si vedono sempre prevalere le ragioni dell’interesse personale, dell’arrivismo, della selezione all’incontrario della dirigenza politica. Vi faccio un esempio per tutti, che è emblematico di tutto il resto. In Germania, dopo la caduta del muro, c’era uno squilibrio tra est e ovest superiore a quello tra nord e sud italiano. Ebbene, in meno di un ventennio quel divario è stato annullato. In Sicilia, sono arrivati, per decenni, e continuano ad arrivare tanti soldi, prima dai vari carrozzoni tipo cassa del mezzogiorno e da alcuni anni dall’Europa, per creare infrastrutture e sviluppo. Ebbene, quei soldi sono stati sprecati in tanti rivoli mafiosi e clientelari, ma continuano a mancare le strade, le ferrovie, i porti e si potrebbe continuare. Di contro, il governo nazionale ora ci fa pagare tutte le autostrade siciliane e la Salerno-Reggio Calabria, pur non avendo percorsi alternativi se ci vogliamo muovere. Il Governo regionale, mentre non utilizza nemmeno i fondi europei e spreca soldi in prebende clientelari, poi colma i deficit aumentando l’addizionale Irpef regionale e così fanno province e comuni, aggravando la condizione di lavoratori a reddito fisso e pensionati.
Vi scrivo questa lettera, che pubblicherò anche sul mio blog e su face book, perché ho votato alle primarie per Bersani e voglio farVi giungere quello che è un sentire comune tra le persone che frequento.
Dopo l’89, l’ex PCI è precipitato in una crisi d’identità profonda. Nel volere recidere ogni legame con il c. d. socialismo reale, anziché intraprendere un percorso di elaborazione di un progetto nuovo di società, con risposte adeguate alle novità della globalizzazione neoliberista, ha finito per buttare con l’acqua sporca anche il bambino, abbandonando quei valori che contraddistinguevano l’identità della sinistra alla luce delle categorie classiche enucleate da Norberto Bobbio.
Il risultato è stato un’omologazione di comportamenti, linguaggi, pratica politica e l’assenza di una progettualità politica alternativa, che si è tradotta in una sorta di complesso d’inferiorità e in uno sforzo a dare garanzie e volere dimostrare di essere più neoliberisti della destra, senza mettere al centro la salvaguardia di beni comuni fondamentali e la scelta di trovare un giusto equilibrio tra uguaglianza e libertà.
Oggi, alle persone non sono più chiare le ragioni, i valori e i contenuti che distinguono la destra dalla sinistra. I cittadini vogliono sapere distintamente quale è la vostra idea di società partecipativa, di giustizia, di uguaglianza, di scuola, di politica fiscale, di sanità. Il governo Prodi, per due volte, non ha fatto intravvedere una chiara politica a favore delle classi più deboli, degli ultimi. La maggioranza di centro-destra sta mettendo le mani dappertutto con una chiara e consapevole scelta di campo classista. So che il conflitto di classe viene considerata oggi una categoria novecentesca. Come si può chiamare una società in cui il conflitto tra capitale e lavoro è tutto sbilanciato dalla parte dei ricchi, dove le disuguaglianze sono cresciute a dismisura, dove le tasse gravano soprattutto su lavoratori dipendenti e pensionati, dove i lavoratori sono sempre meno protetti, dove corruzione ed evasione valgono il valore di 10 finanziarie e potrebbero azzerare il nostro debito pubblico?
Provenendo dall’esperienza del c. d. dissenso cristiano (son stato uno dei fondatori dell’agenzia Adista), ho creduto nel progetto d’interazione-ibridazione tra i valori della tradizione marxiana e del cattolicesimo democratico e sociale. Ma questo sarebbe dovuto essere il risultato di un processo di rimescolamento delle carte, di una rielaborazione-ristrutturazione dal basso, attraverso un dialogo e dibattito diffuso dalla periferia al centro e in tutte le microstrutture della società, determinando un vasto processo di democratizzazione e di socializzazione e orizzontalizzazione della politica, ed invece si è risolto, di fatto, in una sommatoria verticistica di burocrazie. Inoltre, è mancato anche il progetto: un’altra idea di società, di economia, che privilegi i beni comuni e metta al centro il principio di solidarietà operante, attraverso una maggiore giustizia e una maggiore uguaglianza.
Sono convinto che non si cambi un partito né se ne costruisca uno nuovo se non si opera un processo di rinnovamento totale, con un progetto di società chiaro e distinto, stimolando al massimo l’esercizio della cittadinanza attiva e rinnovando, per tale via, gli inamovibili e autoreferenziali dirigenti provinciali e locali che dominano le scene da sempre e che si adattano a tutte le stagioni.
E’ vero che il PD è l’unico partito che fa le primarie, anche se senza troppa convinzione, se sempre messe in discussione e senza un impegno per istituzionalizzarle, prendendo in considerazione anche le proposte dal basso. E’ vero anche che c’è la legge elettorale “porcata” e che voi da soli non la potete cambiare. Ma è, altresì, vero che nulla impediva, durante le ultime lezioni politiche, che voi apriste una grande consultazione dal basso per la scelta di programmi e candidature. Invece, sia al PD che alla c.d. sinistra radicale, bene è sembrato nominare dall’alto i futuri deputati, col risultato, tra l’altro, di scegliere, talvolta i candidati senza tenere conto della loro storia e di trovarsi deputati, che cambiano casacca (Veltroni in queste scelte è un campione) o che prendono tangenti o che si trovano inquisiti, e di avere perso anche quella “diversità”che aveva contraddistinto nel passato il vecchio PCI. Oggi si riparla di elezioni e la legge elettorale sarà sempre quella. Mi auguro che questa volta, facciate quel che non avete fatto la volta scorsa. A mio modesto avviso, aprire un grande dibattito dal nord al sud del Paese, stimolare al massimo la partecipazione è l’unico modo per fare uscire dalla disaffezione e dal disamore per la politica quell’ampia percentuale di non-votanti e di indecisi, soprattutto giovani, ed è anche l’unica maniera per vincere.
Assai cordiali saluti
Piero di giorgi