mercoledì 4 luglio 2012

Il ragioniere Monti completa l’opera del ragionier Tremonti: scannare il popolo. E’un’urgente necessità che il 99% si ribelli contro l’oppressione dell’1%.
di Piero Di Giorgi

In uno dei miei ultimi libri, in un capitolo dedicato all’economia, scrivevo che tutti gli economisti (di centro-destra o di centro-sinistra) tranne i pochi dell’”altra economia”, si sono indottrinati all’unica bibbia del capitalismo nella sua forma storica attuale di neoliberismo.
Lo stimatissimo prof. Monti, presentato come il deus ex machina che doveva risolvere la crisi italiana e salvare l’Euro, non sfugge allo stereotipo, conosce la solita e unica ricetta secondo i canoni del Fondo monetario internazionale, che ha fatto fallire prima l’Argentina, che ha messo in ginocchio la Grecia e senza accorgersi che la globalizzazione neoliberista ci ha condotto a questi disastri e che bisogna cambiare ottica. Alla fine, il professore Monti si è comportato come un semplice ragioniere, come aveva fatto Tremonti. Un’operazione ragionieristica molto semplice di tassare lavoratori a reddito fisso e pensionati, continuando l’opera di drenaggio di ricchezza dalle tasche dei più poveri a quelle dei più ricchi, aumentando ulteriormente le insopportabili disuguaglianze che si sono moltiplicate negli ultimi due decenni. Dei tre slogan, rigore, equità e crescita, è rimasto un intollerabile e barbarico tartassamento di lavoratori dipendenti, pensionati e ceto medio già proletarizzato, non solo bloccando l’adeguamento alla svalutazione monetaria, perfino dei redditi di appena 900 Euro, mentre si è agito soft swui ladri che portano i capitali al’estero, ma aumentando la tassazione con le addizionali Irpef, con tagli al servizio sanitario nazionale, con aumenti e introduzione di nuovi tickets, proseguendo nell’abbattimento dello stato sociale, impoverendo la gran massa dei cittadini. Si ritassa la prima casa di coloro che pagano il mutuo con grandi sacrifici, già abolita da Prodi per le classi meno abbienti, si mettono i tickets anche sugli esenti e sui ricoveri in ospedale. Si rimette mano alle pensioni, facendo strame dei diritti quesiti, della aspettative, delle speranze, di ogni certezza del diritto, aumentando l’età pensionabile anche di coloro con 40 anni di anzianità, introducendo ex abrupto il passaggio al sistema contributivo per tutti, giusto in linea di principio, ma non per coloro che sono in dirittura d’arrivo. Non solo non c’è l’ombra di equità ma il trionfo dell’iniquità, un disprezzo e un accanimento verso i più poveri, non c’è neppure la tanta promessa crescita, conditio sine qua non per potere pagare gli interessi del debito. Infatti, una regola fondamentale della stessa economia capitalista che s’insegna, nel primo anno di università, agli studenti di giurisprudenza e di economia, è che, se si comprimono i salari, gli stipendi e le pensioni, si riduce la domanda d’acquisto e quindi i consumi, di conseguenza l’economia ristagna ed entra in una fase recessiva. Sono spariti dalla manovra l’aumento dell’aliquota per i redditi più alti, ogni traccia di una patrimoniale, l’abolizione dei vitalizi dei parlamentari, l’abolizione degli sprechi e dei privilegi della politica, dei tanti enti e consigli di amministrazione, foraggiati con scandalose retribuzioni, le offensive e vergognose retribuzioni di manager e le ancora più inammissibili liquidazioni milionarie per qualche anno in una banca o in un ente pubblico. Infine, ridicole le misure per combattere l’evasione e nulla contro la corruzione, due misure che insieme basterebbero a eliminare il debito pubblico. Una vera vergogna che non può non ingenerare una grande indignazione e una grande opposizione sociale.
Non è più sopportabile la protervia, l’arroganza di questi signori e la loro pervicacia nel perseverare a massacrare i più deboli. Risulta del tutto evidente l’attualità dell’analisi marxiana che individua nei governi il comitato di gestione delle classi dominanti e che, in ogni epoca, le idee dominanti sono quelle delle classi dominanti, che hanno al loro sevizio schiere di ideologi (intellettuali, economisti, giornalisti ecc.). E’ urgente che il 99% dei cittadini del mondo si ribellino all’1% che li opprime, che li priva di diritti umani fondamentali, che li costringe in una condizione alienante di disagio sociale, di sofferenza e di dolore. Nutro la speranza che quei milioni di indignados che occupano varie piazze e edifici-simbolo nel mondo diventino qualche miliardo e che mostrino tutta la loro rabbia da far paura a qull’uno per cento che decide la vita di tutti di noi.

Il ragionere Monti e la spending review

L'attuale crisi internazionale, che ormai si trascina da 4 anni, ha fatto emergere l'evidenza che ci troviamo di fronte a una crisi strutturale e sistemica e che occorre ripensare il modello di sviluppo.


In particolare, per quanto riguarda l'Italia, si sono manifestate gravi carenze strutturali ed endemiche (ritardi nell'adeguamento tecnologico del sistema produttivo, l'aggravarsi del debito pubblico, terzo nel mondo per entità, i freni della burocrazia, le oscene disuguaglianze tra lavoratori dipendenti e manager, passate mediamente da 1 a 30 a 1 a 300, evasione fiscale e corruzione, disoccupazione a livelli preoccupanti, soprattutto, quella giovanile) tali da postulare con urgenza la necessità di un riconfigurazione generale di sistema e una grande rigenerazione morale.

Il governo Monti e il suo c. d. governo dei tecnici, sorto in condizioni emergenziali e con il sostegno della strana alleanza, avrebbe avuto l'opportunità di imprimere una svolta per sanare l'Italia dai suoi mali antichi e dare una sterzata profonda. Ma, paralizzato dalla sua ideologia classista e neoliberista e probabilmente da carenza di studi umanistici, senza i quali si resta prigionieri di un'arida economia fatta di statistiche e numeri, dimenticando che dietro di essi vi sono persone di carne e di sangue, ha eluso il compito straordinario di cui è investito, riducendolo a una modesta prassi ragionieristica, che pensa a fare quadrare i conti, evitando accuratamente d'intervenire sui privilegi, sugli sprechi e tartassando sempre i lavoratori dipendenti pubblici e privati e i pensionati, attraverso tassazione, tagliando servizi e spesa sociale (sanità, scuola e ricerca, che dovrebbero essere i motori primi della ripresa).

In corso d'opera, il governo tecnico ha ritenuto di dovere nominare dei supertecnici, con il compito di revisionare la spesa pubblica. Ma anche i supertecnici hanno proseguito sulla stessa strada (licenziamenti nel pubblico impiego, anziché razionalizzazione e snellimento e semplificazione della prassi burocratica, tagli di posti-letto negli ospedali, del fondo sanitario nazionale e all'università, aumentando, di contra, i contributi alle scuole non statali. Tagli anche alle regioni, le quali tanto si rifanno aumentando l'addizionale regionale IRPEF ai soliti noti, anziché vietare le assunzioni clientelari, facendo pagare di persona i politici che le fanno, come nel caso della Sicilia, in cui il presidente Lombardo, prima di lasciare il campo, ha assunto altri 100 dirigenti.

In definitiva, l'Italia l'Italia è in recessione di circa il 2%, aumenta la disoccupazione, in particolare quella giovanile è al 36%, l'evasione è stata soltanto scalfita ma resta altissima, lo stesso dicasi del sistema di corruttela. Non si toccano gli stipendi e le pensioni scandalose, non si eliminano gli enti inutili e i relativi consigli di amministrazione con lauti e inammissibili compensi,non si riduce il debito pubblico. Evasione e corruzione ammontano a circa 200 miliardi, che in 10 anni riporterebbe a zero il debito pubblico. Se si volesse davvero colpire l'evasione, si dovrebbe approntare una grande riforma fiscale nella direzione della redistribuzione del reddito, come previsto dall'art. 53 della costituzione. Si introdurrebbe la galera per evasori e corrotti e corruttori. In tal modo, oltre ad azzerare il debito pubblico, si potrebbe riportare la pressione fiscale a livello della media europea, aumentando il reddito degli onesti, in particolare dei lavoratori a reddito fisso e pensionati, rimettendo in moto l'economia.

La situazione è arrivata a un punto tale e il disagio è così diffuso che soltanto una vasta mobilitazione di massa può costringere le oligarchie politiche, economiche, mediatiche, obnubilate dai loro scandalosi privilegi, ad abbandonare l'arroganza, il disprezzo e l'insensibilità verso il disagio della gran massa dei cittadini. E' ora di dire basta, non ne possiamo più.