lunedì 14 gennaio 2013

La marachella di Monti



La notizia non sorprende. Una conferma del fatto, ammesso che ce ne fosse stato bisogno, che nel
gioco scorretto non si accenna a cambiare registro.
Una nota di agenzia, infatti, informa che il governatore della Banca Europea, Mario Draghi, ha
bacchettato il governo italiano per aver concesso un  prestito di 3,9 miliardi di euro alla Banca
Monte  dei  Paschi. La ragione della reprimenda risiede nel fatto che l’operazione, secondo le
norme comunitarie, sarebbe dovuta passare per le autorità monetarie europee, le sole a  poter
decidere l’importante erogazione.
Ovviamente, ormai che il guaio è avvenuto Monti si becca la strigliata e il Monte Paschi si tiene i
miliardi. Gioco vecchio!
E così, si direbbe che  il nostro presidente del Consiglio,  fedele al disastroso  programma salva
banche, si sia distratto e abbia dimenticato di chiedere  l’indispensabile permesso. Non bisogna
essere troppo severi, una dimenticanza è quanto di più umano possa accadere ad una persona più
che impegnata a salvare  il sistema dilapidatore dei risparmi della gente: una fatica identica a
quella di Eracle, quando gli fu ordinato di ripulire le stalle di Augia dallo sterco dei buoi. Solo che
quella  fatica  Eracle la portò a termine con successo, mentre questa somiglia di più  a quella di
Sisifo,  condannato a  portare sulla sommità della montagna un enorme masso che rotolando
all’indietro in continuazione  lo costringeva a ricominciare la salita. Infatti, nel nostro caso i buoi
continuano a defecare e le stalle rimangono sempre zeppe.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   
Ma stanno veramente così le cose?  Riesce difficile immaginare una simile dimenticanza.
Tremilanovecento milioni di euro dei  contribuenti italiani, non sono quisquilie - o pinzellacchere
per dirla con Totò - tali da far prendere sottogamba i doverosi adempimenti legati all’operazione.
Qualcosa non convince. E se, invece, i due draghi della finanza - Monti e il Draghi anche di nome -
si fossero accordati alla chetichella e l’uno avesse detto all’altro: tu fallo senza dire niente; io, poi,
mi limiterò ad una tiratina di  orecchie e tutto finirà lì. Soluzione, discreta sì, ma in verità molto
poco lodevole se ti chiami Monti, sprizzi serietà ed aplomb da tutti i pori e dici di starci per salvare
il mondo.
A sentire Marco  Travaglio, “con quella somma si poteva fare a meno dell’IMU sulla casa”. Una
conferma supplementare che stiamo assistendo impotenti, magari liberi di strillare quanto ci pare,
alla salvezza delle banche, all’affossamento  del Paese e all’impoverimento dei cittadini.
A proposito di banche, non si capisce come mai nessuna autorità ha finora messo il naso nei bilanci
degli istituti di credito compromessi con le folli operazioni speculative che hanno determinato
l’incalcolabile disastro. Giusto per passare al pettine fine tutte le loro scritture contabili, perché si
possa escludere che il paese stia mettendo le proprie risorse nel pozzo senza fondo di venditori di
fumo. Non fosse che per proteggere i cittadini che delle avventure speculative stanno pagando il
conto. L’Intendenza di Finanza, per esempio,  potrebbe occuparsene,  o  la magistratura, peraltro
particolarmente attenta come sembra a quel che di poco chiaro avviene in Italia. Non è necessarioche, uno dopo l’altro, i magistrati si candidino nei vari schieramenti politici. Hanno  tutti gli
strumenti  per fare  molto meglio, codice alla mano, stando al loro posto.  Magari sospendendo
momentaneamente la conta degli orgasmi del Cavaliere, o di tutto ciò che produce fumo e solo
fumo.  Ci sono priorità che non si possono  mettere sotto il tappeto, e che non  sono Ruby o
D’Addario.
A stretto rigore di logica, non appare di certo tanto legittimo trasferire d’imperio una somma così
colossale di risorse, dai bisogni del Paese  ad un istituto di credito privato (e sottolineo privato).
Una somma che regge il confronto con quella dei grandi casi di corruzione politica dalla nascita
della Repubblica ai giorni nostri. Scandalo petroli (regnante Moro) e Banca del Lavoro di Atlanta
messi insieme. Giusto per citarne qualcuno.
Se tanto mi da tanto, nel caso Monti-Paschi stiamo parlando di danaro pubblico che viene prestato
alla cieca, con garanzie inesistenti. La banca in questione, infatti, si trova in condizioni di bilancio
tali che a qualsiasi altro imprenditore imporrebbero di portare, come si suol dire, i libri contabili in
tribunale. Il giusto indirizzo dove poter accertare eventuali violazioni del codice nella conduzione
aziendale.  Assolutamente tutt’altra cosa che  favorire un indebitamento insensato e contro la
legge.  Per chi dà e per chi riceve. E chissà, una volta  rimestata la faccenda, cos’altro si
snocciolerebbe sul conto di qualche altra grande banca … e via di seguito. Vengono i brividi, al solo
sospetto che sarebbero in pochi a salvarsi dal prevedibile Tsunami!. Abbiamo il diritto di
apprendere con chiarezza a chi si stanno  affidando i nostri soldi; la ragione vera e con quali
concrete garanzie. Il popolo deve ricevere spiegazioni serie e comprensibili. Sfrondate di furbizie e
secondi fini.
Per il momento si fanno apparire come sufficienti i pseudo controlli della Banca d’Italia. Tanto la
gente non sa che il nome pomposo di questo istituto, anch’esso privato e appartenente alle stesse
banche che controlla, non ha niente a che vedere con lo Stato italiano. Il controllore, insomma,
che controlla se stesso. Ovviamente nell’interesse strettamente privato,  giammai in quello dei
cittadini utenti. Il tutto  all’ombra di  inqualificabili e numerose  coperture istituzionali.  Di tutta
evidenza, per chi ancora nutrisse dei dubbi, l’interesse a scoperchiare  il vaso di Pandora del
malaffare finanziario equivale allo zero assoluto.
E intanto i vari candidati alle prossima competizione politica gareggiano a rifarsi il look. E le
spigolature fanno capolino. Pare che Casini, essendosi già bruciate le mani,  abbia detto che per
Monti metterebbe la lingua sul fuoco. Cos’altro gli rimane da grigliare alla prossima toppata?
Il candidato Monti abbandonata la sua austerità si concede qualche battuta: ha citato Brunetta e
la sua “autorevolezza di professore … di una certa statura … accademica”. Gratta gratta, la natura
di chi si sforza di parlare con misura viene sempre fuori! Il deplorevole sarcasmo, più che far
ridere, ha  sottolineato il livello  scadente del suo argomentare.  Oggi Brunetta, domani la
dabbenaggine del volgo ignaro.
Qualcuno si è augurato  che Matteo  Renzi  vestisse i panni di un  Epaminonda della situazione.  Il
grande eroe tebano  che a Mantinea riprese in extremis, anche se ne era stato esautorato,  il
comando dell’esercito affidato ad incapaci, capovolgendo, da grande stratega quale era, le sorti
della battaglia che volgeva pericolosamente in favore degli Spartani.
10 gennaio 2013 Gianfranco Becchina