giovedì 1 dicembre 2011

un ricordo diLucio Magri

Un ricordo di Lucio Magri
Piero Di Giorgi

Fra le tante persone eccezionali che ho avuto la fortuna di conoscere c’era Lucio Magri. Non era un mio amico. L’ho conosciuto per contingenze politiche. C’era stata una prova di riunificazione tra il PDUP, di cui io facevo parte, e Il Manifesto e, nel 1975, si formò un organismo paritetico delle due formazioni politiche e quattro di noi del PDUP andammo alla direzione politica del Manifesto.
Tutti i giorni, alle ore 14, si riuniva la redazione nella stanza di Luigi Pintor per discutere dei contenuti del giornale del giorno successivo. Insieme al direttore Pintor, c’erano Rossana Rossanda, Luciana Castellina, Lucio Magri, Valentino Parlato, Corradino Mineo e altri. La mia fu un’esperienza che durò soltanto un anno ma fu intensa, non solo per la tensione morale e ideale che aleggiava in quegli incontri ma fu anche una scuola di giornalismo, perché quel gruppo d’intellettuali straordinari faceva volare alto il quotidiano comunista e lo rendeva molto apprezzato e considerato nel panorama giornalistico dell’epoca.
Dicevo che quell’esperienza è durata soltanto un anno, sia per divergenze di linea politica tra le due componenti e soprattutto per il rifiuto dei fondatori del Manifesto, in particolare Lucio Magri, di farlo diventare organo del PDUP. Si consumò così la rottura e io seguii la linea Foa-Miniati, uscendo dal giornale.
Ho potuto essere testimone, in quell’anno o poco più, dell’onestà intellettuale e della passione politica di Lucio Magri, delle sue eccezionali e brillanti capacità di analisi e di grande affabulatore, non solo all’interno del giornale ma anche nelle sue funzioni di leader del PDUP. Io che ero un po’ più giovane di lui, confesso che ne subivo il fascino.
Spesso, si parla male, e anche a ragione, della spregiudicatezza, dell’eccessiva pragmaticità di tanti politici e si estende un giudizio negativo alla politica in generale. Si dimenticano figure fulgide che hanno vissuto e praticato la politica con grande lealtà, passione, dedizione, servizio alla collettività, come Enrico Berlinguer, Pietro Ingrao, Giorgio La Pira, Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Vittorio Foa e tanti altri. Ebbene, Lucio Magri era tra questi. Un esempio di uomo, nel quale erano confluiti valori e ideali evangelici e marxiani, interpretati con estrema coerenza nella prassi quotidiana, vissuti con la passione e l’ardore dei neofiti e con la razionalità che deriva da una coscienza matura.
Anche per questo Lucio Magri è morto. E’ morto come è vissuto. Dolorosi vissuti personali e l’amara constatazione del fallimento dell’utopia egualitaria, la difficoltà ad accettare la discrasia tra gli ideali perseguiti nella sua lunga vita e la realtà di un mondo in cui ingiustizia e disuguaglianze imperversano e trionfano lo hanno tuffato in una spirale depressiva, che colpisce, spesso, gli uomini più sensibili e che ti fa decidere per la chiusura di un ciclo.
E’ giusto, è sbagliato quel gesto così irreversibile? Io non lo so. Bisogna trovarvisi dentro in quel turbine ossessivo della mente. Nessuno può giudicare. La sua morte merita rispetto come la vita che ha vissuto.

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