domenica 13 novembre 2011

governo tecnico. Cos'é?

La querelle governo tecnico o politico
Piero Di Giorgi

In questi giorni bui per l’Italia, si assiste a una strana querelle tra governo “tecnico” e politico e viene anche detto che il governo tecnico è una sconfitta della politica. Ma di cosa parliamo? A me sembra che la questione, in verità, rileva, sotto il significato letterale delle parole, una concezione falsa e distorta della politica. E precisamente, con la suddetta artificiosa distinzione, emerge una concezione della politica come di un’oligarchia di esperti professionisti dediti a vita agli affari della res pubblica e guai quindi a invadere il loro campo. In verità, la politica, come il termine di origine greca denota, significa dedicarsi alla polis, cioè alla città, alla cosa pubblica, al bene comune. E questo compito dovrebbe essere sentito da tutti i cittadini consapevoli che vogliono esercitare la cittadinanza attiva, cioè partecipare e non semplicemente delegare. Quel che avviene oggi è una distorsione della politica con la P maiuscola ed è per questo che il professionismo politico porta a quei privilegi di casta a tutti ben noti. Invero, dovrebbe esserci una legge che prevedesse che chi non ha un lavoro o una professione non possa dedicarsi alla politica. Mentre un artigiano, un operaio,un insegnante, un professionista che voglia dedicare un periodo del proprio tempo alla politica istituzionale come rappresentante (deputato, senatore, sindaco), può partecipare a questi ruoli istituzionali soltanto per un tempo limitato (ad esempio non più di due mandati). Durante questo periodo in cui si rivestono cariche istituzionali, non si acquisisce nessun nuovo diritto in più né nuove pensioni, come si verifica oggi. Infatti, se uno è professore universitario o avvocato o altro, può cumulare la pensione della sua attività lavorativa e quella di senatore o deputato, e se ha fatto il deputato regionale e quello nazionale, avere anche una terza pensione. Sono abnormità inaccettabili. La logica vorrebbe che, se io mi dedico per un certo tempo alla cosa pubblica, debba sospendere il mio lavoro, la mia professione, per ritornarci alla fine del mio impegno pubblico, senza perdere nulla in termini di continuità di contribuzione ai fini pensionistici.
Questa sarebbe una bella riforma della politica. Si avrebbero non soltanto tanti risparmi, ma finirebbero anche tanti privilegi e certamente diminuirebbe anche la corruzione.
Ecco perché, allo stato attuale, i professionisti della politica si sentono lesi nell’essere sostituiti da un esecutivo tecnico, pur in una situazione di emergenza e coi pericoli di fallimento che corre il nostro Paese.
Oltre tutto, per governo tecnico s’intende un governo affidato a persone con particolari competenze, nella fattispecie di ordine economico, e che dovrebbe essere al di sopra delle parti. Ma questa è una sciocchezza, perché non esiste un tecnico neutrale né una scienza neutrale. Ciascuno di noi è invischiato nella sfera dei rapporti sociali ed è portatore, anche a livello inconscio, di idee, valori e determinati punti di vista. Perciò il vero rischio del governo Monti potrebbe essere, considerato che la stragrande maggioranza degli economisti si è abbeverata all’unica fonte delle ricette neocapitaliste, di prendere provvedimenti a senso unico, che colpisce i soliti noti. In tal caso, sarebbe bene che venisse affiancato dai capi di partito dell’ex maggioranza e dell’opposizione per potere operare una sorta di stanza di compensazione tra interessi opposti.

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