Il ragioniere Monti getta la
maschera e sale in politica
Piero Di Giorgi
Il ragioniere Monti ha gettato la
maschera di tecnico neutrale, rivelandosi con il suo volto reale di
rappresentante dell'élite dominante. La sua agenda non promette niente di nuovo
se non continuare sulla strada intrapresa di rigore a senso unico, in una
visione parziale e non sistemica, almeno di sistema-Europa. Infatti, il
problema della crisi non è risolubile all'interno dei singoli Paesi ma è un
problema di crisi strutturale che postula una riconsiderazione del modello di
produzione, del problema delle disuguaglianze e quindi della giustizia, almeno
a livello europeo. E' quello che fece Franklin Roosvelt negli anni '30 per
superare la grande depressione economica del '29, cioè di aumentare il bilancio
dell'Europa per un piano comune di sviluppo alternativo, centrato sulla
ricerca, sulla scuola, sulle infrastrutture, sulla tutela dell'ambiente, sulle
fonti energetiche rinnovabili, una rottura con l'egoismo e l'avidità dei
privilegiati e un programma di rafforzamento dello Stato sociale e di grandi
opere pubbliche, fondamentalmente una politica keynesiana.
Monti, di contra, porta avanti
quel progetto politico, economico e sociale
intrapreso, negli anni '80 dalla destra americana, che ha la sua matrice
nel pensiero monetarista della scuola di
Chicago (c. d.Chicago boys), il cui capostipite è stato l'economista Milton
Friedman, divenuta, a livello internazionale, la bibbia del Fondo Monetario Internazionale,
i cui think-tanks (pensatoi del pensiero unico) sono stati rappresentati dalla
c. d. Trilaterale (USA, Europa, Giappone e che inaugurò l'era Reagan-Thatcher.
Tale politica, come ha mostrato
già il caso dell'Argentina e delle Grecia, rischia di strangolare l'economia e
ha prodotto licenziamenti, alta disoccupazione, diminuzione del potere
contrattuale dei lavoratori. Già nell'estate del 2011, Paul Grugman e Joseph
Stiglitz, premi nobel per l'economia, avevano lanciato l'allarme, avvertendo i
governi occidentali che, sposando la linea del rigore, sarebbero caduti nella
recessione e che tagliare la spesa pubblica in un'economia già debole,
significava una catastrofe.
E' quello che è avvenuto con il
governo Monti. L'Italia è in recessione con il PIL sotto di almeno tre punti.
Egli, invece, sostiene che la catastrofe è alle nostre spalle, che egli ci ha
tratto fuori dal baratro. Non lasciamoci illudere. Ci ha ridato soltanto una
certa credibilità internazionale e non ci voleva molto visto che eravamo
rappresentati da un satrapo barzellettiere e dalla sua corte di servili
tirapiedi, che hanno trasformato l'Italia in una nuova Sodoma e Gomorra.
Per quanto riguarda la sua
ricetta economica, tra la riduzione dello Spread e la riduzione del PIL, il
saldo è pari. Il debito pubblico è aumentato e siamo lungi dall'essere
approdati dal pelago alla riva. La sua politica di rigore senza equità e senza
giustizia, di mancata ridistribuzione della ricchezza e di conseguente non
riduzione delle disuguaglianze, che è una delle cause della crisi, di attacco inaudito
al reddito delle classi lavoratrici e del ceto medio-basso con
un'insopportabile tassazione a senso unico, ha prodotto soltanto recessione. Lo
sanno anche i bambini che, quando la crescita è ferma per mancanza della
domanda, lo Stato deve svolgere un ruolo di supplenza, incrementando la spesa
pubblica ma qualificandola, eliminando sprechi, enti inutili, sperpero di
denaro e corruzione. La crisi non è finita e continuare la politica montiana
sarebbe un suicidio.
D'altra parte, la “santa
alleanza” che si è formata intorno a Monti non ha nullo di nuovo. A parte il
richiamo ottocentesco, è fatta di ecclesiastici, imprenditori, politici
stracotti, tutti che si definiscono moderati, cioè conservatori, che non
vogliono mettere in discussione gli assetti sociali e i privilegi costituiti.
Insomma, alla fine, gli
incantatori si sono raddoppiati: al sempiterno Berlusconi si è aggiunto il
ragioniere Monti. Non siate serpenti, non fatevi sedurre dal nuovo pifferaio.
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