giovedì 1 novembre 2012

Il voto siciliano tra astensionismo e grillismo


Piero Di Giorgi

Per la prima volta, la partecipazione dei siciliani al voto del 28 ottobre, già sempre inferiore a quella del centro-nord, scende sotto la soglia preoccupante del 50% e precisamente al 47,6, meno di un cittadino su due.
Cosa vuol dire questo? Certo, vuol dire quello che hanno sottolineato quasi tutti i giornali: la crisi della politica, in particolare la crisi della rappresentanza, la frattura tra rappresentanti e rappresentati, tra istituzioni e popolo, la rabbia della stragrande maggioranza degli italiani, colpita e  costretta a stringere la cinghia dalla crisi, nel vedere i privilegi, le ruberie, le scandalose retribuzioni, la corruzione, i cumuli d’incarichi delle poche migliaia di satrapi che ruotano intorno alla politica. Ma, in Sicilia, c’è qualcosa di più. I siciliani hanno sempre sopportato ingiustizie, privilegi passivamente, salvo farsi illudere dai viceré di turno e qualche volta anche ribellarsi violentemente. Inoltre, sono anche scarsamente politicizzati e, se gli italiani sono in maggioranza moderati e spoliticizzati, i siciliani lo sono ancora di più e facilmente soggetti al clientelismo, alle promesse, a legarsi ai saprofiti di turno per ottenere qualche diritto come favore, trasformandosi da cittadini a sudditi. Per questo in Sicilia ha vinto sempre la destra e l’ultimo incantatore a cui si sono affidati è stato Berlusconi.
La delusione generata da Berlusconi non ha sospinto i siciliani a votare lo schieramento di centro-sinistra. Neppure Grillo è riuscito ad attrarli come nuovo messia e ad arginare l’astensionismo. I siciliani, nella loro maggioranza, hanno preferito disertare le urne. Pertanto, il successo di Grillo è dovuto più a un trasferimento di voto da parte di cittadini delusi della sinistra che a un recupero di voti di potenziali astenuti.
Detto questo, sembra fuori luogo l’ostentazione della vittoria proclamata da Bersani. E’ vero che, per la prima volta dopo la liberazione, diventa governatore un eletto del centro-sinistra ma sulle macerie dei partiti. Il PD perde oltre 5 punti percentuali sulle elezioni del 2008, il PDL, dilaniato, è in caduta libera con oltre 20 punti percentuali in meno; l’UDC perde circa due punti; SEL, Italia dei valori, FLI non raggiungono il quorum.
A fronte di questo tsunami, s’impone una riflessione. I siciliani potranno pure pensare, con l’astensionismo di massa, d’inviare un messaggio di rifiuto, di rabbia, di repulsione ai partiti e ai professionisti della politica. Questo può, tuttavia, avere un senso se da domani cominciano a partecipare alla vita politica locale, a considerare la propria città la casa comune, a non delegare i propri problemi e disagi ma a organizzarsi tutti insieme, perché la politica non è una professione ma è un tempo che ciascuno di noi dedica alla cosa pubblica, sottraendolo al proprio tempo libero e alla propria famiglia. Se le cose vanno male come vanno, è perché si considera la politica una sfera estranea a noi e che necessariamente spetti farla agli altri.  Ma se continuiamo ad avere questo atteggiamento e per di più non andiamo a votare quelle poche volte che possiamo decidere, lasceremo che siano gli altri a decidere per noi. Non solo, se astensioni di queste dimensioni dovessero generalizzarsi e ripetere, sarebbero sempre più pochi a decidere. A tal punto, coloro realmente tengono in mano le leve del potere potrebbero  decidere, dopo un po’ di tempo, che non è più il caso di fare le elezioni visto che sono in pochi a votare. Ma, a quel punto, non potrete più nemmeno protestare perché ci saranno i miliziani dietro la porta che vi porteranno in galera. Come dicono i francesi A bon entendeur peu des mots (a buon intenditore poche parole).


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