giovedì 17 luglio 2008

Intervento all'Assemblea costituente di "un'Altra Storia"

di piero di giorgi

La maggior parte di coloro che siamo qui, abbiamo sulle spalle, sin dagli anni'60, un bagaglio di esperienza politica e un condensato di illusioni e delusioni, speranza e disincanto.
La crisi della sinistra storica, crisi d'identità, con conseguente smantellamento di ogni ancoraggio valoriale e l'assenza di un progetto di società alternativa, ha portato ad un'omologazione delle forze politiche, anche nei comportamenti morali, alla crisi di rappresentanza e a perdita di contatto con i bisogni reali delle persone, ad un'estensione della biopolitica, con un controllo, in nome della sicurezza, sul corpo e sulla mente delle persone.
La democrazia è ridotta ad una fictio iuris, si è capovolta la scala dei valori. La selezione della classe politica nei partiti avviene alla rovescia, cooptando coloro che hanno un curriculum di disvalori (arrivismo, servilismo, compromessi e non solo) piuttosto che scegliere le persone che hanno dimostrato con la loro storia di praticare valori autentici e coerenza. Persone come Rita Borsellino, che ha dimostrato nei fatti di rifiutare le sirene del potere, di non ambire poltrone (abbondantemente offertele), ma d'interpretare la politica come servizio, raccolgono meno consensi rispetto a chi ha trasformato la politica in pratica clientelare, le persone in clienti e i loro diritti in favori. Perciò, noi siamo qui perché crediamo nel progetto a lungo termine di Rita, un progetto inedito, costruito dal basso, fuori dagli schemi gerarchici della democrazia liberale e della sinistra storica, basata su oligarchie politiche, economiche e medianiche, che dominano sulle persone. Un progetto, invece, che tende ad una democratizzazione della società in tutte le strutture intermedie e in tutti gli ambiti sociali, fondato su una democrazia diffusa, che tende alla coniugazione-interazione di uguaglianza e libertà, giustizia ed equità, diritti civili e sociali.
Una società cambia realmente se cresce una coscienza diffusa di massa, se la stragrande maggioranza delle persone acquista la consapevolezza dei propri diritti e dei propri bisogni reali, senza deleghe permanenti, cioè se tutti capiscono che la politica vera, come è nella sua etimologia, è la cosa più importante perché decide sulla qualità della nostra vita e che essa appartiene a tutti e tutti dobbiamo contribuire a determinarla con la nostra partecipazione. Ciò presuppone che questo movimento che noi andiamo a costituire abbia un progressivo radicamento nel territorio per far crescere un processo di presa di coscienza, trasformando il disagio sociale, la materialità del bisogno, la rabbia indistinta e pulsionale in coscienza politica, in diritto di cittadinanza, in lotta solidale per l'affermazione e la conquista dei propri diritti civili e sociali.
Il dibattito che ho seguito finora, è stato un po' generico, celebrativo, con qualche critica allo stato di cose presenti e solo con qualche cenno al documento politico. A mio modesto avviso, il dibattito per la costituente di un nuovo movimento politico-culturale deve sforzarsi di approfondire i temi della democrazia partecipativa e della sua articolazione, dal locale al nazionale e al globale, mirando anche alla formalizzazione di alcune regole essenziali, dalle modalità di praticare vere elezioni primarie per la scelta dei candidati alle forme di partecipazione alla costruzione del programma, dalle forme di controllo alla revoca dei delegati, dalla rotazione delle cariche all'utilizzo delle competenze e delle energie di ciascuno. Ciò vuol dire, come è nelle intenzioni, avviare un processo diametralmente opposto a quello della nascita del PD, frutto di un processo verticistico e della sommatoria tra oligarchie e burocrazie centrali e periferiche, concretizzandosi in una perpetuazione e riciclaggio, a livello periferico, di tutte le vecchie camarille, al di fuori di un'apertura di un ampio ed esteso dibattito, per definire una nuova elaborazione e un progetto di società con il contributo delle energie e della creatività di milioni di persone. Questo, invece, dovrebbe essere il nostro compito. I limiti di tempo non mi permettono di svolgere più compiutamente i punti del documento politico, che comunque condivido. Mi soffermerò soltanto su un punto che è assente nel documento. Un progetto di costituente di un'associazione politico-culturale non può non porsi come obiettivo centrale un orizzonte euro-mediterraneo, considerato che il 2010, anno previsto dal Patto di Barcellona del 1995, come data d'entrata in vigore di un grande mercato euro-mediterraneo, che coinvolge un miliardo di persone, è ormai alle porte.
So che, dopo la proposta da me fatta all'ultima assemblea della SEM (Sinistra euro-mediterranea, trasformatasi in Cantiere del Mediterraneo) a Lametia Terme e accolta anche da Rita Borsellino e Alfio Foti, nella riunione a Trapani del maggio scorso, Rita e Mimmo Rizzuti, in rappresentanza dell'ex SEM, si sono incontrati a Roma, trovando delle precise convergenze e obiettivi. Occorre lavorare per recuperare la centralità del Mediterraneo, di questo continente liquido, di questo mare che media, per dirla con Fernand Braudel, aperto al dialogo, alla pluralità, specie in un momento in cui anche la Francia di Sarkosy l'ha messo all'ordine del giorno seppure in una vecchia logica eurocentrica e neocoloniale, proprio per fare sentire la nostra proposta di trasformare il Mediterraneo, da luogo di tensioni e di conflitti, in luogo di coperazione economica, basato sul commercio equo e solidale e sullo sviluppo sostenibile, di dialogo e comprensione tra culture diverse, di pace e di garanzia per i diritti umani. La Sicilia, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo può e deve assolvere un grande ruolo in tutto questo, anche come premessa per un nuovo modello di sviluppo.

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