Piero Di Giorgi
L’ambiguità di Lombardo e il dilemma del PD.
Prima di entrare nello specifico della questione che si dibatte sulla partecipazione dell’opposizione al nuovo governo regionale, voglio partire dalla situazione nazionale, essendo le due interconnesse.
Dopo l’8 settembre 1943, agli italiani si pose una drammatica scelta: seguire Mussolini e il fascismo nella repubblica di Salò, oppure schierarsi per liberare il Paese dalla dittatura e dal nazifascismo.
Lungi da me, volere mettere sullo stesso piano la situazione di oggi con quella di allora. La storia non si ripete e se lo fa, per dirla con Marx, cio avviene una volta come tragedia o un'altra come farsa. Non c'è dubbio, tuttavia, che la situazione del berlusconismo sia un problema drammatico e inquietante, un fenomeno studiato ormai dalla psico-sociologia, che ne rileva l’egolatria, la superfetazione dell’Io, la messa in scena di sé del personaggio e della sua famiglia e delle sue avventure galanti, in un’indistinzione tra pubblico e privato, sul modello dei reality televisivi, le sue battute e le sue provocazioni e gli slogan ripetitivi per penetrare il messaggio secondo il modello pubblicitario e stabilendo un rapporto diretto con l’elettore, trattato come un consumatore, attraverso un rapporto emotivo, passionale e di complicità. Che fa leva su categorie dello spirito come i comunisti, agitando, nel contempo, l’ottimismo e l’alimentazione della paura, dalla quale l’unto del Signore rassicura, riportando ordine e sicurezza. Al di là dei tratti di personalità del premier, la situazione è drammatica, non solo in termini di non soluzione dei problemi drammatici della crisi economica e della disoccupazione, dell'anomalia della sua condizione di conflitto permanente d'interessi, per la caduta di stile, di valori etici, di legalità, solidarietà e quanto altro, che rischiano di corrompere le coscienze, anche delle nuove generazioni, ma soprattutto per la deriva autoritaria e per la rottura di equilibri di poteri posti a fondamento della nostra democrazia e garantiti dalla nostra carta costituzionale, La domanda è: in questa fase, è prioritario mantenere la linea intransigente di chi prefigura un altro Stato, un’altra economia e un altro modello di sviluppo basato su un'altra democrazia politica ed economica della solidarietà, dell'abolizione delle disuguaglianze, che privilegia i beni comuni e che mette il rispetto dei diritti delle persone al primo posto, oppure, senza abbandonare quei principi, anteporre il problema di come liberarsi di Berlusconi prima che il berlusconismo penetri ancora più profondamente nel tessuto sociale, segnando un'epoca di individualismo, egoismo, menefreghismo, assenza di regole ecc. Quest'ultima ipotesi significa, ovviamente, la necessità di creare uno schieramento ampio di tutte le forze che si oppongono a Berlusconi, dalla sinistra c.d. radicale e, passando per il PD, fino a Casini e a Fini, una sorta di opposizione per la democrazia e per la difesa della costituzione, per riportare l'Italia a una condizione di normalità, dalla quale fare ripartire la dialettica destra-sinistra o confronto tra modelli di sviluppo diversi.
Fatta questa lunga premessa generale, venendo alla questione del governo regionale siciliano, è d’uopo ricordare che in Sicilia ha governato da anni, direi da sempre, tranne la breve parentesi del governo Capodicasa, una maggioranza di centro-destra, rappresentativa degli interessi della borghesia, in gran parte paramafiosa o contigua alla mafia, con i conseguenti intrecci tra politica, mafia e affari. Nonostante gli ingenti finanziamenti pervenuti alla nostra Regione, prima dalla Cassa del Mezzogiorno, poi dai governi nazionali e, infine negli ultimi anni, dai fondi strutturali europei,
Sono d'accordo con quanto ha scritto Nino Alongi che non si può accettare la richiesta di collaborazione a scatola chiusa. Penso che occorra discutere sulla base di punti fermi e irrinunciabili che segnino chiaramente un programma di riforme, reso visibile alla stragrande maggioranza dei siciliani, essendo pronti a denunciare pubblicamente ogni inadempienza o ritardo. Qualcuno ha evocato l'esperienza del milazzismo del 1959. Ritengo che siano diversi il contesto storico-culturale e anche le emergenze e le modalità con cui debba realizzarsi la collaborazione. Innanzitutto, penso che non si debba trattare di un'operazione verticistica, ma che si debba aprire un vasto dibattito alla base di tutto il popolo della sinistra e di tutte le forze che si oppongono al berlusconismo, in cui si discuta anche su quale programma di riforme fare l'accordo. In secondo luogo, Lombardo deve con chiarezza dichiarare la rottura con il centro-destra anche a livello nazionale e non solo con una parte, facendo chiarezza anche sul c.d. partito del sud, complementare alla Lega Nord, che riduca la questione meridionale ad una contrapposizione rischiosa tra Nord e Sud, indebolendo le fondamenta dell’unità nazionale. Dopo di che, il confronto vero deve avvenire sui contenuti ( Impegno del nuovo governo a non vendere i beni sequestrati alla mafia; una seria politica infrastrutturale, dalle ferrovie alle strade di grande scorrimento e alle autostrade, ai porti, ai problemi del lavoro e dell’ambiente, di un’economia sostenibile e solidale, che privilegi il bene pubblico (acqua, scuola e università e quant'altro emerga dal dibattito e dalla partecipazione dal basso). In sostanza, si tratta di rilanciare la palla per fare esplodere le contraddizioni nel centro-destra. Deve essere il PDL nazionale, a questo punto, a scomunicare e mettere fuori dal partito coloro che collaborano con l'opposizione (i comunisti). Inoltre, occorre ricordare che
In conclusione penso che non serva assumersi la responsabilità di fare sciogliere il parlamento siciliano, ma confrontarsi, aprendo un vasto dibattito alla base del popolo delle primarie e su paletti fermi per quanto riguarda eticità, pratica politica e sociale trasparente e partecipata, riforme concertate, anche nei tempi e nelle priorità.